IL BIOLOGICO SECONDO NOI

 

Il “biologico” ed il “biodinamico” sono ad oggi materia molto complessa, controversa e spesso poco chiara. Dietro ai loghi ed alle certificazioni, c’è frequentemente più marketing che rispetto della natura, un approccio comunicativo basato sulla falsa credenza popolare che bio- sia sinonimo di non inquinante. La terra, l’acqua, gli animali, l’uva, il vino, l’uomo, non si rispettano apponendo una semplice dicitura in etichetta, si rispettano con un approccio competente dal punto di vista tecnico-operativo e sensibile dal punto di vista etico e morale. Come noi, tanti altri vignaioli hanno a cuore la questione, ognuno ha la propria idea a riguardo, ma probabilmente nessuno di noi è ancora riuscito a fare un vino con la certezza di non inquinare la natura e l’uomo. La ricerca ha ancora molta strada da compiere, il dibattito tra i produttori più rispettosi è aperto. Dal nostro sito, vorremmo provare a fare un po’ di chiarezza sull’argomento e, certi di non avere la soluzione del problema, descrivere il nostro punto di vista.

Cenni sull’approccio biologico

 

In Italia è in vigore la normativa europea sull’agricoltura biologica (regolamento CEE 2092/91), nella quale sono descritte sia le tecniche di coltivazione, sia i prodotti fertilizzanti e antiparassitari ammessi nella gestione biologica del vigneto. Fino al 2011 la certificazione biologica riguardava solo le uve, dunque da un punto di vista normativo in Italia il vino biologico prima del 2011 non è mai esistito, in quanto non esisteva una normativa europea sulla vinificazione biologica; a livello di legge si è dunque solo parlato di “vino ottenuto (o prodotto) da uve da agricoltura biologica” e non di “vino biologico”. L’8 marzo 2012 l’Unione Europea ha varato la nuova legge sul vino biologico (Regolamento di esecuzione n.203/2012), che, a partire dalla vendemmia 2012 permette l’uso del termine “vino biologico” in etichetta, oltre al logo biologico dell’Ue (“Euro-leaf”) e a quello dell’organismo di certificazione.

Dal punto di vista pratico-operativo, il regolamento prevede una lunga lista di prodotti consentiti in campo e in cantina.

La fertilizzazione può essere eseguita con concimi naturali o industriali purchè non di sintesi. Anche la difesa prevede una serie di prodotti attivi contro le patologie della vite, ma ad oggi si basa principalmente sulla somministrazione di zolfo e rame. Lo zolfo è l’unica sostanza ammessa in agricoltura biologica pienamente efficace per il controllo dell’oidio. La legge non impone limiti al suo utilizzo. Pur non essendo un elemento particolarmente inquinante e pericoloso, lo zolfo è fitotossico per le piante quando somministrato in dosi eccessive e nelle ore più calde del giorno. E’ inoltre tossico per alcuni Insetti utili e soprattutto per i microrganismi che vivono sulla parte epigea della vite. Non tende ad accumularsi nel suolo in quanto viene dilavato dalle acque piovane verso le falde e i corsi d’acqua (ma questo è un bene?). Il suo utilizzo può essere solo limitato dall’associazione con altri formulati ammessi in agricoltura biologica (alcuni dei quali stentano ad imporsi sul mercato per ragioni di normative, economiche e commerciali), rimane dunque un elemento fondamentale per la difesa contro l’oidio. Il rame è invece l’arma di difesa contro la peronospora della vite. Ad ogni somministrazione, il rame si accumula facilmente nel suolo in quanto si lega alla sostanza organica ed ai colloidi. La sua presenza nel terreno crea problemi di tossicità per le piante, riduce notevolmente l’attività biologica del suolo (dunque l’apporto naturale di elementi minerali al terreno) ed è particolarmente dannoso nei confronti dei lombrichi (miglioratori di struttura). E’ tossico anche per gli Insetti utili (coccinellidi, imenotteri tranne le api, crisope). Per tali ragioni la normativa vigente ne limita l’utilizzo a 30kg/ettaro ogni 5 anni (sostanzialmente 6kg di rame metallo/ettaro/anno). E’ dunque principalmente il rame l’elemento che, se pur naturale, impedisce alla viticoltura biologica di essere veramente bio.

In cantina l’approccio biologico consente l’utilizzo di quasi tutte le sostanze e le procedure utilizzabili in enologia convenzionale. Consente quindi l’uso di acidi, zuccheri, stabilizzanti, integratori, chiarificanti, così come procedure di filtrazione sterile, trattamenti termici, centrifugazione, resine scambiatrici di ioni, osmosi inversa. La legge prevede inoltre l’uso di solfiti con un limite massimo nel vino finito di 150mg/l di anidride solforosa totale, poco più basso del limite di legge previsto per il vino convenzionale (varia a seconda del tipo di vino). Multinazionali, grandi gruppi industriali, ma anche piccole aziende convenzionali, stanno proponendo sul mercato vini a basso contenuto di solfiti, spesso per distogliere l’attenzione del consumatore dalle numerose ma poco accattivanti operazioni di cantina. Al posto dei solfiti vengono utilizzati altri prodotti antiossidanti ed antimicrobici esogeni, talvolta di sintesi, oppure procedure di tipo industriale, che spesso stravolgono le caratteristiche gustative ed organolettiche del vino.  

Cenni sull’approccio biodinamico

 

Se il biologico è una semplice legge che impone determinate “restrizioni”, il biodinamico è una filosofia che tratta della vita e delle energie che la creano. Tutto nasce da un “corso di agricoltura” tenuto nel 1924 da un filosofo austriaco nato nel 1861, Rudolf Steiner. All’età di 63 anni, pur non essendo un esperto della materia, Steiner tenne una serie di otto lezioni intitolate “impulsi scientifico-spirituali per il progresso dell’agricoltura”. In questo convegno si parla di “forze cosmiche”, “forze spirituali” ed “energie astrali” che, impregnando il nostro mondo e la nostra essenza fisica, hanno influenza diretta anche nei confronti dell’agricoltura e della fertilità del suolo. L’agricoltura biodinamica è un approccio che crede nelle “energie vitali” infuse nella materia inanimata, i cui principali benefici si concentrano nella valorizzazione della fertilità del suolo e dei processi metabolici della vite legati ai microrganismi, alla luce, al calore, all’acqua ed alla materia.

La biodinamica, così come la vita, è un argomento molto complesso e per molti aspetti ancora sconosciuto. Steiner ha cercato di spiegare ed interagire con i fenomeni vitali, talvolta con rimedi che si prestano a facili ironie se letti considerando la materia in quanto semplice oggetto, e non in quanto veicolo di informazioni, di energie vitali. La fisica quantistica, la fisica vibrazionale, stanno oggi mettendo in crisi le teorie della fisica tradizionale. E’ dimostrato che le particelle subatomiche non sono particelle ma onde, che solo in determinate circostanze sono capaci di diventare particelle materiche. I costituenti base della materia che noi vediamo e tocchiamo sono energia! L’agricoltura biodinamica utilizza quindi elementi naturali quali il letame, l’acqua, i fiori, la silice, gli animali, non per il loro apporto materiale nei confronti dell’ambiente, quanto per il loro apporto energetico. Numerosi agricoltori biodinamici hanno scritto libri nei quali si argomenta e dimostra l’effetto pratico di questo approccio, Nicolas Joly, Alex Podolinsky, Maria Thun, giusto per citarne alcuni. Ma anche alcuni importanti scienziati e ricercatori hanno scritto libri nei quali vengono illustrati gli effetti dell’energia contenuta nella materia, ad esempio Luc Montagnier dimostra che l’acqua ha una memoria, mentre Masaru Emoto dimostra che ha anche una coscienza.

Gli approcci biodinamici, essendo autoproducibili e quindi non generando un mercato significativo, non hanno a disposizione fondi per la ricerca, al pari delle cure con rimedi naturali in ambito medico. Per tale ragione lo sviluppo delle conoscenze scientifiche è piuttosto lento e difficoltoso.

La scelta di aderire alla certificazione biodinamica è fonte di grandi dubbi tra i produttori più attenti e sensibili. Esistono diverse associazioni nel mondo che si occupano di certificare le aziende che decidono di produrre biodinamico. Tali associazioni svolgono un’azione di controllo sulla produzione, la trasformazione e la commercializzazione dei prodotti biodinamici, seguendo ogni fase della filiera fino al rilascio della certificazione e all’etichettatura. Le norme da rispettare per ottenere la certificazione si dividono in consigliate e consentite: consigliato è l’approccio Steineriano, consentito è l’utilizzo di più di un prodotto viticolo ed enologico esogeno purchè acquistato presso l’ente certificatore. Da qui nascono i dubbi, in quanto tale concessione potrebbe rappresentare l’intrusione della grande industria in un settore in crescita e potenzialmente redditizio. Sono sempre più le aziende vitivinicole (ma anche i consumatori) che confondono la buona viticoltura biologica con l’approccio biodinamico, a volte per mancanza di conoscenza, a volte per dare una spinta alle vendite. Il bravo viticoltore biodinamico raramente sfrutta l’argomento per dare un tono a sé stesso o all’azienda; sa che il suo vino è in grado di comunicare meglio di lui: l’unicità, il benessere, la piacevolezza e il messaggio contenuto. L’Unione Europea ha per ora bocciato la domanda di registrazione del marchio biodinamica®, richiesta dalla più conosciuta società di certificazione.

Il nostro approccio

 

Il (bio)aiuto maggiore lo fornisce come sempre la natura: il vento, l’insolazione e la bassa piovosità, sono infatti le migliori armi di difesa contro le malattie della vite; è soprattutto per questo che si parla di zone più o meno vocate per la viticoltura. Un altro importantissimo (bio)aiuto deriva dalle scelte dell’uomo derivanti dallo studio continuo dell’agronomia e della viticoltura. Le piante vanno curate ed accudite come gli esseri umani, bisogna capire il loro linguaggio (quando la vite non sta bene comunica con l’uomo creando sulle foglie macchie di forma e colore diversi a seconda del sintomo) ed allevarle dando priorità al loro stato di salute piuttosto che alla produzione forzata di uva. Se un essere umano lavora il giusto, mangia correttamente, fa esercizio fisico e vive senza stress, ha più probabilità di essere sano e felice; la stessa cosa vale per la vite. Dunque basse rese in uva (0,6-1,2kg per pianta a seconda della varietà e della microzona), dieta equilibrata e corretto equilibrio vegetativo.

Come si ammalano gli esseri umani, si possono però ammalare anche le viti. Vanno quindi individuati i metodi di prevenzione e cura più adatti. In presenza dei primi sintomi o delle effettive condizioni di sviluppo del patogeno valutiamo l’incubazione (periodo di tempo tra la “nascita” del microrganismo dannoso e il danno effettivo sulla vite) e interveniamo quando raggiungiamo l’80% di tale intervallo. Fino all’annata 2008, siamo ricorsi a prodotti tradizionali non classificati in associazione a rame e zolfo, in considerazione del fatto che non sempre che ciò che è naturale non inquina (il rame inquina, il petrolio inquina, …). Dall’annata 2009 abbiamo deciso di lavorare tutti i vigneti con approccio biodinamico, destinando un vigneto di 0,2 ettari a campo prova nel quale svolgere i nostri programmi di sperimentazione. Dalla campagna 2013 abbiamo introdotto metodi alternativi di difesa e fertilizzazione, a completamento o sostituzione dei “classici” preparati biodinamici, intervenendo con luce, suoni ed acqua informata. Non sono mai stati utilizzati diserbanti. La fertilizzazione è a base di letame, humus vegetale autoprodotto in azienda, alghe ed infusi di fiori e minerali. L’inerbimento dei vigneti è totale e permanente, con essenze spontanee lasciate andare a seme; si esegue un solo sfalcio/anno. Il suolo non viene in nessun modo lavorato dall’uomo, lasciamo ad insetti, microrganismi e radici il compito di farlo “lievitare”, vivere ed evolvere. Nessun intervento sulle piante è eseguito dalle macchine: non usiamo cimatrici, sfogliatrici, spollonatrici, potatrici, ecc…; le nostre viti vengono toccate e curate solo dalle nostre mani.

Di seguito i prodotti impiegati in vigna:

  • Zolfo bagnabile di miniera (esente da selenio): <20kg/ha/anno
  • Idrossido e ossicloruro di rame: 1-2kg/ha/anno di rame metallo
  • Microrganismi (Ampelomices quisqualis)
  • Humus autoprodotto
  • Estratti di alghe
  • Acqua informata (fiori, minerali, luci, intenzioni)